Il GLP-1 (glucagon-like peptide-1) è una sostanza che viene prodotta dalle cellule intestinali quando si mangia e, tra le altre cose, riduce la fame e aumenta il senso di sazietà.
Semaglutide è un analogo sintetico del GLP-1 ed è uguale a quest’ultimo per il 94%. Le modifiche che sono state fatte servono a farlo durare molto più a lungo nell’organismo: va, infatti, somministrato una volta la settimana. In pratica, quando si assume il farmaco è come se si fosse mangiato poco prima: quindi, non si ha fame e ci si sazia subito.
Di questa molecola avevamo già parlato in passato: “Semaglutide: il futuro dietro l’angolo” e “Studio SELECT: semaglutide ed esiti cardiovascolari“.
<span”>L’11 febbraio 2021, sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, Wilding et al. hanno pubblicato i risultati dello studio STEP 1 [1]. Questo studio, che ha coinvolto 1961 pazienti obesi o sovrappeso, ha confrontato il calo di peso, a 68 settimane, di un gruppo di soggetti trattati con semaglutide (a dosi crescenti fino a 2,4 mg/settima) rispetto a un gruppo trattato con placebo. Ovviamente, entrambi i gruppi erano stati messi a dieta, con un deficit calorico giornaliero di 500 Kcal.
<span”>Il calo medio di peso alla settimana 68 è stato di −14,9% nel gruppo semaglutide, rispetto a −2,4% nel gruppo placebo, per una differenza di trattamento stimata di −12,4 punti percentuali. Oltre a ciò si deve sottolineare che circa un terzo dei soggetti trattati con il farmaco ha raggiunto un calo di peso di almeno il 20% (contro 1,7% del gruppo placebo).
L’evento avverso più frequente è stata la nausea ed è capitata nelle fasi iniziali del trattamento.
Cali di peso di questa entità non sono mai stati ottenuti con nessun farmaco precedente e sono più simili a quelli ottenibili con interventi bariatrici di primo livello.